Il Punto
di Sergio Barlocchetti
[fusion_content_boxes layout="icon-with-title" columns="1" title_size="" title_color="" body_color="" backgroundcolor="#d8e6f0" icon="" iconflip="" iconrotate="" iconspin="no" iconcolor="" icon_circle="" icon_circle_radius="" circlecolor="" circlebordersize="" circlebordercolor="" outercirclebordersize="" outercirclebordercolor="" icon_size="" icon_hover_type="" hover_accent_color="" image="" image_width="" image_height="" link_type="" link_area="" link_target="" icon_align="left" animation_type="" animation_delay="" animation_offset="" animation_direction="left" animation_speed="0.3" margin_top="0" margin_bottom="-50" hide_on_mobile="small-visibility,medium-visibility,large-visibility" class="" id=""][fusion_content_box title="Ascolta l'articolo (3:15)" backgroundcolor="" icon="" iconflip="" iconrotate="" iconspin="no" iconcolor="" circlecolor="" circlebordersize="" circlebordercolor="" outercirclebordersize="" outercirclebordercolor="" image="" image_width="" image_height="" link="" linktext="Read More" link_target="" animation_type="" animation_direction="left" animation_speed="0.3" animation_offset=""] [audio mp3="https://www.dronitaly.it/wp-content/uploads/2019/10/Barlocchetti-terza-anima-dronisti.mp3"][/audio] [/fusion_content_box][/fusion_content_boxes]A leggere le notizie divulgate dalle associazioni del settore unmanned italiano attraverso i social network e i canali aperti appare una fotografia preoccupante. Ben vengano, sia chiaro, le riunioni come quella di Bologna della settimana scorsa (le porte e le finestre a casa propria si possono tenere aperte o chiuse a piacimento, quello che importa è consentire la critica giornalistica), ed è giusto che le associazioni rappresentino in primis gli interessi dei loro associati. Non fa una piega, a meno che le istanze portate non comportino un obbligo per tutti gli attori del settore unmanned, ovvero anche per chi un drone lo vorrebbe poter usare per i fatti suoi e per compiere operazioni banali ma utilissime, seppure non inquadrabili nel puro divertimento e tanto meno nelle operazioni professionali.
Il bello della categoria Open, infatti, è quello di consentire a una persona di utilizzare il suo dronetto per valutare, misurare o fotografare, esattamente come può chi oggi usa la fotocamera del telefonino, anziché chiamare un fotografo come era costretto a fare fino a qualche anno fa. Previo corso online.
Che il test su internet preventivato dalla normativa EASA possa presentare lacune e criticità, e che soltanto le scuole di volo – qualora facessero il loro dovere con serietà - possano tenere alta la qualità dell'insegnamento è cosa nota, sulla quale mi sono già espresso e non intendo tornare, tuttavia pensare che tutti e soltanto in Italia debbano tornare a scuola per poter pilotare un dronetto da un chilo sarebbe assurdo. Mandiamo a scuola chi deve fare attività in area critica, chi pilota mostri pesanti e veloci, non chi porta in volo un moscerino.
Posto che i fotografi non si sono estinti con l'arrivo delle fotocamere miniaturizzate, i professionisti dei droni non si estingueranno se il signor Brambilla, professione amministratore di condominio, userà uno Skydio nuovo di zecca per andare a osservare tegole e grondaie.
Il punto è che se le associazioni rappresentano i professionisti, mentre l'Aero Club d'Italia vorrebbe rappresentare gli sportivi (speriamo che l'ente esca presto dall'impasse nel quale è stato relegato dalla vicenda dell'ex presidente Leoni), i signor Brambilla chi li rappresenta?
Ben venga che anche costui conosca due regole fondamentali, ma ricordiamoci che nella Repubblica in cui viviamo è ancora possibile andare a pescare in barca senza avere la patente nautica e poi – wow, che libertà! - cucinare il pescato. Ecco allora che se una Fiapr, una Assorpas o altre realtà devono occuparsi di chi opera da professionista (salvo aprire una sezione non-professionale), una associazione come Aopa dovrà invece difendere il diritto di volare per il piacere o l'utilità di farlo, che sia con l'ultraleggero, l'aeroplano di aviazione generale o il drone.
Se il tentativo è quello di blindare le scuole e controllare il settore urlando ancora e sempre contro “gli abusivi”, la storia ci insegna che è una causa persa, stante che l'industria mediante la tecnologia offrirà nuove soluzioni a un numero crescente di persone pur di mantenere e incrementare i livelli di vendita. Infine c'è un risvolto internazionale: se gli italiani dovranno andare a scuola e francesi e tedeschi no, grazie a EASA un pilota con cittadinanza UE potrà venire a volare (e lavorare) in Italia facendo meno fatica del suo collega tricolore. Così come un italiano potrebbe fare il test online in Belgio come in Spagna mentre è in vacanza a Ibiza. Con buona pace delle associazioni.
[fusion_separator style_type="default" hide_on_mobile="small-visibility,medium-visibility,large-visibility" class="" id="" sep_color="" top_margin="10" bottom_margin="20" border_size="" icon="" icon_circle="" icon_circle_color="" width="" alignment="center" /]*Professionista del settore aviazione da 27 anni, ingegnere aerospaziale, giornalista professionista e pilota. Ha ricoperto il ruolo di Flight Test Engineer e Project Manager in ambito manned e unmanned. Ha fatto parte della redazione del mensile Volare per 18 anni e ha esperienza di pilotaggio su aeromobili leggeri ed executive. Attualmente ricopre l’incarico di direttore tecnico di un'azienda aeronautica internazionale ed è docente di materie tecniche presso la scuola dell’Aeroclub Milano.
[fusion_separator style_type="default" hide_on_mobile="small-visibility,medium-visibility,large-visibility" class="" id="" sep_color="" top_margin="0" bottom_margin="0" border_size="" icon="" icon_circle="" icon_circle_color="" width="" alignment="center" /][/fusion_builder_column][/fusion_builder_row][/fusion_builder_container]