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Il Punto

di Sergio Barlocchetti

Anche Malpensa lunedì 1 aprile ha avuto la sua giornata nera grazie a un pilota Easyjet che avrebbe avvistato un drone mentre atterrava sulla pista 35 destra dell’aeroporto varesino. Pesce d’aprile o comportamento illecito? Fosse vero, e cioè se dalle parti della testata pista sud avesse veramente volato un APR, allora ancora una volta i sistemi di indagine e ricerca si sarebbero dimostrati inutili. Se invece si trattasse dell’ennesima svista da parte di chi ha denunciato il fatto, allora ci troveremmo davanti a una psicosi dilagante.

Posto che non è con gli attestati di pilota e tanto meno con le registrazioni online che si fermano gli imbecilli (se ne guarderebbero bene dal rendersi identificabili), resta da capire se veramente i famigerati sistemi anti-drone che si vorrebbero propinare in ogni aeroporto potrebbero servire per scovare in pochi secondi qualsiasi oggetto volante decollasse in una zona proibita. Di questa vicenda rimangono però da chiarire alcuni aspetti importanti.

Primo: gli aeromobili sono realizzati perché possano continuare a operare anche in caso di Birdstrike, ovvero dopo l’impatto con masse superiori a quelle dei droni da 250 grammi considerati giocattoli o comunque che non necessitano di attestato da parte del pilota. Secondo, per gli Apr più grandi e pesanti, è chiaro che un atto deliberato sarebbe da considerare alla stregua di un attentato alla sicurezza dei trasporti e, nel caso del dubbio, porterebbe un imputato a rispondere anche di interruzione di pubblico servizio.

Ciò che rimane misterioso è perché mai uno sciagurato pilotastro dovrebbe mettersi a giocare sulla testata pista di un aeroporto, una zona di solito comunque inaccessibile a piedi, poco adatta per divertirsi e irraggiungibile in caso di recupero del drone. Ecco quindi che compiere un simile gesto rappresenterebbe un atto deliberato.

Fino a qualche anno fa negli aeroporti italiani sui quali operavano gli aeromobili della compagnia israeliana El.Al veniva eseguita una bonifica del sentiero di avvicinamento per scongiurare eventuali atti terroristici che avessero lo scopo di abbattere l’aeroplano con un lanciarazzi. Si trattava di un’operazione onerosa e pericolosa che semplicemente spostava il rischio dall'aereo commerciale a quello sul quale volavano nostri agenti di pubblica sicurezza. Ma anche avendo un bel cannone antidrone, dubito molto che questo riuscirebbe a localizzare il pilota in una manciata di secondi, e anche ad abbattere in istantaneamente un drone in volo a due o tre chilometri di distanza dalla postazione di difesa.

Questi presunti sciagurati che a Londra e a Malpensa compiono tali atti, almeno a sentire chi ha visto i droni in volo, devono essere incredibilmente scaltri per recuperare il loro mezzo e sparire nel nulla, senza essere mai intercettati. Sarà una prerogativa di chi possiede un APR e vive a due minuti di volo da un aeroporto internazionale cedere alla tentazione di imitare un Boeing o un Airbus e far perdere le proprie tracce meglio di Diabolik. A meno che non ci sia un motivo ben preciso: l’intenzione di far rimetter mano alle regole Easa oppure vendere cannoni anti drone alle società di gestione. Nel frattempo però nessuno dei media che ha ripreso la notizia ha dubitato del fatto, e i lettori pensano che sia realmente accaduto. Parliamone. Da domani a Dronitaly 2019.

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*Professionista del settore aviazione da 27 anni, ingegnere aerospaziale, giornalista professionista e pilota. Ha ricoperto il ruolo  di Flight Test Engineer e Project Manager in ambito manned e unmanned. Ha fatto parte della redazione del mensile Volare per 18 anni e ha esperienza di pilotaggio su aeromobili leggeri ed executive. Attualmente ricopre l’incarico di direttore tecnico di un'azienda aeronautica internazionale ed è docente di materie tecniche presso la scuola dell’Aeroclub Milano.

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