Guerra (tra poveri) per conquistare 500 piedi

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Il Punto

di Sergio Barlocchetti

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A leggerlo c'è da non crederci, ma in seno alle associazioni europee di piloti di droni c'è anche chi ha lanciato l'idea di creare spazi aerei riservati in modo perenne al traffico unmanned entro i 500 piedi di altezza (152,4 mt) dal suolo. Spazi nei quali l'aviazione convenzionale dovrebbe annunciarsi prima di entrare. Ovvero costoro vorrebbero sfruttare quanto dichiarato dalla normativa Rait, cioé che in quella quota, tra il terreno e meno di un campo da calcio messo in piedi, fatti salvi lavori aerei, decolli, atterraggi ed emergenze, l'aviazione manned non dovrebbe proprio volarci. Il massimo poi è arrivare a pensare che se un velivolo convenzionale deve entrarci, questo possa doversi registrare a un portale annunciando il suo transito per tempo.

Penso al tutt'altro che raro pilota di aliante, ma anche di parapendio, deltaplano e mongolfiera costretto a un fuori campo o a un atterraggio, che in una manciata di secondi, senza preavviso né altra possibilità, sceglie la propria area per scendere annunciandosi allo U-space invece che attaccarsi alla radio per avvertire il controllo d'area o, peggio, per lanciare un mayday. Assurdo, perché oltre che imprevedibile, la preoccupazione in quei casi è non prendere un platano in faccia, scansare case e linee elettriche, evitare di scendere e posare cesta e pallone all'interno del recinto di una stazione di monta taurina (c'è poco da ridere, è capitato veramente).

Evidentemente chi l'ha pensato non ha mai preso posto in un cockpit. Ma penso anche al professionista di lavoro aereo che per ragioni imprevedibili deve scendere sotto i 500ft dal suolo. Capita di frequente, infatti le Rait stesse sono evidentemente state ideate da e per chi “viaggia in aeroplano” ma non da chi “vola a vista” (una differenza fondamentale, pensate all'elisoccorso), si stanno rivelando un boomerang e saranno presto emendate verso la realtà dei fatti. Il punto, scusate se ci ritorno, è appunto questa “differenza”. Il cielo, come il mare, è di tutti e ognuno deve poterne fruire per gioco, sport, lavoro e mobilità personale, con un sufficiente livello di sicurezza. Se ne facciano una ragione a Bruxelles quando sollecitano Easa al riguardo, “incidenti zero” è pura utopia, a meno di non restare tutti a terra.

Questo potrà avvenire soltanto quando la tecnologia per segnalare la propria presenza sarà condivisa da tutti gli occupanti dell'aria, e gli APR, arrivati buoni ultimi, a voler vedere sono i mezzi che faranno meno fatica ad adeguarsi. Da parte loro però, qualora sviluppassero una rete di interscambio delle informazioni, potrebbero rendere una grande servizio all'aviazione che vola più lenta dell'altra, a vista e a bassa quota, dove le reti di comunicazione sono capillari. La tecnologia esiste, si chiama Ads-B ed è in fase di implementazione e diffusione in ogni angolo del pianeta, ma con tempi diversi e con ritardi dovuti a costi assurdi per l'aviazione certificata (e anche queste normative andrebbero rese proporzionali all'effettiva dinamica del volo di ogni tipo di aeromobile), ma soprattutto perché la politica da un lato chiede sicurezza e dall'altro non concede alcuno sconto né chiede semplificazioni affinché aziende e clienti se ne possano dotare a buon mercato su ogni tipo di flotta. Certo la Commissione Europea in insediamento e il Parlamento di Strasburgo hanno ben altri pensieri che passano per i calendari, ma è evidente che se il regolamento europeo dovrà funzionare, questa “rogna” dovrà essere risolta, oppure addio a sogni di voli Bvlos e portali U-Space, consegne a domicilio col drone, volo tra l'urbanistica delle città, con buona pace dei fondi comunitari drenati per la creazione di gruppi di studio, progetti, consorzi e prototipi.

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*Professionista del settore aviazione da 27 anni, ingegnere aerospaziale, giornalista professionista e pilota. Ha ricoperto il ruolo  di Flight Test Engineer e Project Manager in ambito manned e unmanned. Ha fatto parte della redazione del mensile Volare per 18 anni e ha esperienza di pilotaggio su aeromobili leggeri ed executive. Attualmente ricopre l’incarico di direttore tecnico di un'azienda aeronautica internazionale ed è docente di materie tecniche presso la scuola dell’Aeroclub Milano.

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